Il 9 novembre Mark Zuckerberg, presidente e amministratore delegato di Meta, la compagnia che possiede Facebook, WhatsApp e Instagram, ha annunciato con una lettera aperta il licenziamento di 11mila dipendenti. «Non c’è un modo giusto per fare un licenziamento», si è scusato. «So che è particolarmente difficile se siete qui con un visto di immigrazione», ha aggiunto. Ma anche i miliardari hanno un cuore: «Abbiamo deciso di togliere l’accesso alla maggior parte dei sistemi Meta per chi se ne va via oggi, vista la quantità di dati sensibili a cui potrebbe accedere. Ma terremo gli indirizzi e-mail attivi per tutta la giornata cosicché tutti potranno dirsi addio.»

La spiegazione data da Zuckerberg è che all’inizio della pandemia si era illuso che la “pacchia” continuasse, ma la crescita degli acquisti online e dell’isolamento fisico non si è mantenuta nel 2022. Per quanto possa spiacere ai padroni dei social network, ma anche ad alcuni profeti di sventura che abbondavano pure a sinistra nel 2020-2021, l’interazione di persona e la vita fuori casa continueranno a esistere ancora per molto tempo.

In realtà, un’altra fissazione del miliardario fondatore di Facebook è probabilmente un’importante concausa delle perdite milionarie registrate da Meta: il fantomatico Metaverso). Gli investimenti in questa tecnologia, di cui Zuckerberg ha ribadito l’importanza strategica per Meta, sono stati ingenti (nel 2022 il reparto di Meta che se ne occupa ha perso già 9,4 miliardi di dollari) ma non hanno portato a risultati.

La realtà virtuale (VR), che non coincide col Metaverso, è una tecnologia usata per vari scopi come l’insegnamento, la scienza, la progettazione e soprattutto l’intrattenimento, ma è tuttora di nicchia: i migliori videogiochi in VR, che trainano questo sottosettore, si vendono cento o mille volte meno dei grandi titoli non-VR. La visione di Zuckerberg è che la VR diventerà di massa perché milioni di persone vorranno usarla quotidianamente per incontrarsi appunto “nel Metaverso”, cioè in ambienti 3D simulati usati per lavorare, studiare e spendere il proprio tempo libero. Probabilmente non succederà niente del genere; ma questo miraggio esprime l’urgenza che ha Meta di agganciare il proprio business a oggetti fisici. Meta è infatti il principale produttore di visori VR: vende l’Oculus Quest, oggi ribattezzato Meta Quest. Imporsi come il Metaverso gli permetterebbe di monopolizzare una gallina dalle uova d’oro su tutti i piani: hardware, software, base utenti e contenuti. In un memo interno, però, Vishal Shah, il dirigente Meta incaricato di sviluppare il Metaverso, si lamentava che i suoi stessi dipendenti non amino utilizzare il prodotto per le proprie riunioni.

In questo modo Zuckerberg pensa di sfuggire al problema del calo di rendimento della pubblicità online, su cui tuttora si basa il modello di business di tutti i social media di massa inclusi anche Twitter, TikTok o i prodotti Google. La pubblicità però non produce nulla: può solo ridistribuire il valore creato altrove dal lavoro umano; anche perciò l’economia digitale è strettamente connessa ai settori tradizionali e in particolare all’andamento dell’industria. Un altro miliardario capriccioso, Elon Musk, ha comprato Twitter e immediatamente ha licenziato metà della forzalavoro. In un incontro a porte chiuse coi dipendenti, di cui sono trapelati i contenuti, ha spiegato così la situazione: «La ragione per cui ho un’altissima urgenza di fare abbonamenti è che stiamo dirigendoci, credo, verso una recessione piuttosto grave. E vedete come praticamente ogni azienda stia licenziando; non è solo Twitter. E in una recessione, la pubblicità viene colpita in modo sproporzionato».

Non riguarda neppure solo i social; quasi tutti i giganti dell’informatica e del commercio elettronico stanno licenziando: Microsoft, Google, Amazon, il servizio di pagamento Stripe, il motore grafico Unity, per non parlare della situazione catastrofica nel settore delle criptovalute. Immense bolle speculative, investimenti sconsiderati in progetti improbabili, castelli di byte costruiti su business ipotetici stanno tutti andando in fumo tagliando le gambe a quello che in questi anni è stato uno dei principali sfoghi del capitale in eccesso che non trovava più investimenti redditizi nei settori tradizionali dell’economia. L’aumento dei tassi di interesse, alzando l’asticella del margine richiesto per tenere in piedi un giro d’affari redditizio, sta attuando e attuerà una drastica potatura.

Le condizioni di questi lavoratori erano piuttosto buone, e molti di loro hanno ricevuto una buonuscita importante; si potrebbe quindi obiettare che la loro condizione non riguardi la classe lavoratrice. Eppure, è proprio così che avviene la proletarizzazione di questi settori: con la distruzione dei posti di lavoro più pregiati. Le condizioni di chi si occupa di software diventano sempre più simili a quelle degli altri lavoratori d’ufficio, aumenta la loro sindacalizzazione e negli USA ciò potrebbe portarli a legarsi alla rinascita di un combattivo movimento sindacale: un altro elemento da considerare nella tempesta sociale imminente.


Questo articolo è stato pubblicato su Rivoluzione n° 93.