La crisi economica mondiale ha le sue ripercussioni anche nella provincia di Pavia. Nel dicembre scorso la segreteria provinciale della CGIL ha lanciato l’allarme: nella nostra provincia nel corso del 2009 si sarebbero potuti perdere qualcosa come 2.500 posti di lavoro. La serie di dati Excelsior per il 2009 fornisce alcune informazioni interessanti sui flussi occupazionali previsti che confermano grosso modo le preoccupazioni della Camera del Lavoro: per quest’anno in provincia sono previste 5.000 uscite dal mondo del lavoro a fronte di 3.500 assunzioni. Interessante scoprire che anche in una provincia deindustrializzata come Pavia il grosso delle assunzioni (oltre il 70%) verrà dalle aziende sopra i 50 dipendenti: insomma, il “tessuto delle piccole imprese” di cui si parla tanto non ci salverà di certo (solo il 10% delle assunzioni verranno dalle aziende sotto i 10 dipendenti). Buona parte delle perdite di posti di lavoro colpisce i precari: i più sfruttati e i più ricattabili sono anche i primi ad essere lasciati a casa appena c’è crisi, a conferma del fatto che la precarietà non risolve i problemi occupazionali.

Ci si può consolare, in compenso, registrando che i dati pavesi sono migliori di quelli di gran parte delle altre province lombarde: l’economia targata PV era già così malmessa che non c’era neanche più tanto margine di peggioramento!

Un rapporto della Camera di Commercio di Pavia indica una caduta nel secondo trimestre del 2009 del 9% della produzione industriale di Pavia e provincia. Nello stesso trimestre gli ordinativi sono calati del 15,8% per il mercato nazionale e del 5,5% per il mercato estero. Gli annunci di ripresa o ripresina comparsi su giornali e televisioni alla fine dell’estate non sono bastati ad evitare nuove crisi industriali a partire da settembre. L’altro articolo in questa pagina ci racconta della vicenda della Eckart di Rivanazzano, uno stabilimento che ha annunciato la chiusura poche settimane fa, suscitando uno sciopero ad oltranza dei suoi dipendenti. La lotta dei lavoratori Eckart si è però conclusa con un accordo che sancisce la perdita di decine di posti di lavoro.

Un altro caso tra i tanti è quello della Sigma di Vigevano, impresa che produce centri di lavoro a controllo numerico; in crisi, è in corso la sua svendita ad un nuovo acquirente con l’intenzione di “ristrutturarla” ossia di lasciare a casa un’ottantina di persone.

Un documento pubblicato dalla Camera di Commercio di Pavia (alla presenza dell’onnipresente Gianfranco Abelli) dice che Pavia ce la può fare e indica settori come la Sanità che sarebbero usciti indenni dalla crisi. Sarà, però anche lì si approfitta del contesto generale per colpire le condizioni di lavoro, come hanno imparato i lavoratori delle cooperative (cooperative… sui generis, diciamo) che si occupano delle pulizie all’Ospedale S. Matteo di Pavia dove, con un discutibile “cambio di appalto”, si sono ritrovati a fare lo stesso lavoro di prima in condizioni molto peggiori. D’altronde anche molte delle aziende metalmeccaniche (il settore più colpito dalla recessione in pronvicia) dichiarate “in crisi” stanno in realtà soltanto approfittando dell’occasione per ottenere ammortizzatori sociali e condurre ristrutturazioni che erano già in preparazione da prima dell’inizio della crisi.

Sul sito de la Repubblica esiste un interessante servizio di mappatura della crisi economica, ci si può arrivare visitando http://vaime.org/mappacrisi. Ci si può divertire (si fa per dire) a cercare le schede delle aziende in crisi nel pavese, al momento ce ne sono 52 con tantissimi casi di ricorso alla cassa integrazione, di licenziamenti, di chiusure o fallimenti.

Siamo così abituati al fatto che le nostre vite dipendano dagli andamenti dell’economia mondiale da non stupirci nemmeno più nello scoprire che centinaia di famiglie possono trovarsi ad affrontare l’incubo della disoccupazione a causa della famigerata recessione. La quota del fatturato estero in provincia è del 30%, un dato in crescita che indica la significativa dipendenza dell’economia pavese dal mercato mondiale. L’economia pur disastrata della nostra provincia è molto orientata verso le esportazioni; se a questo aggiungiamo il dato impressionante del pendolarismo verso Milano e altri luoghi, capiamo come chi abita nella nostra provincia o lavori altrove o produca merci che saranno consumate altrove, una condizione di subalternità economica simile a quella dei Paesi sottosviluppati.

Il capitalismo e le sue crisi periodiche sono un mal comune, ma questo non ci deve spingere a pensarlo come un mezzo gaudio. Piuttosto, sia questa un’occasione per i nostri concittadini per allargare i propri orizzonti al di là del Siccomario o del ponte della Becca: anche noi siamo parte di un mondo globalizzato e sottoposto ai capricci del capitale. Contro gli orrori del sistema economico globale, il mondo è disseminato di lotte e di resistenze altrettanto internazionali: anche Pavia trovi il suo posto sulle barricate!


Questo articolo è stato pubblicato nel primo numero di Bonarda, «l’aperiodico pavese rosso e mosso», un giornalino gratuito locale che abbiamo prodotto per circa un anno. Non tutti gli articoli erano così seri, ma lo sforzo di fare inchiesta sulla condizione dei lavoratori era tenace in tutti i numeri. Purtroppo online gli articoli comparivano solo come note di Facebook, quindi non sono facili da reperire; il giornalisno era distribuito semplicemente lasciandolo in giro in centinaia di copie e organizzando degli aperitivi di presentazione e autofinanziamento.